Percorsi olfattivi ROMA

PERCORSI OLFATTIVI – ROMA SERATA FORMATIVA

Serata formativa in tema felino
DOVE: Clinica Borghesiana Via di Vermicino 96, Roma
QUANDO: mercoledì 13 marzo 2019 dalle 19 alle 21
CHI: Dott.ssa Ewa Princi, Etologa esperta in comportamento felino e relazione umano-gatto
Argomenti:
  • Il mondo olfattivo del gatto
  • Il sentiero dei ricordi: la memoria olfattiva del gatto
  • L’importanza dell’olfatto nel gioco
  • Problematiche etologiche e comportamentali condizionate dall’olfatto
  • La dimensione olfattiva della relazione umano-gatto

MATERIALE: verranno consegnate a tutte i partecipanti le slides stampate

CONTRIBUTO: € 40,00

Iscriviti subito – posti limitati

Relazione umano-gatto

CASO DI STUDIO
RICERCA SUL RIFERIMENTO SOCIALE UMANO
Febbraio 2019

Viene riportato in questo lavoro un singolo caso oggetto di questo mio studio personale. Pertanto non si vogliono in alcun modo sostenere in modo assoluto le ipotesi qui di seguito avanzate. Lo studio completo su questo argomento coinvolge più casi ed è al momento ancora in fase di ricerca.

NOME DEL GATTO: GRIS

ETA’: 10 MESI

SVILUPPO COMPORTAMENTALE: regolare sviluppo comportamentale, distacco a 4 mesi da madre e cucciolata, ambiente di sviluppo esterno/interno (stimolazione adeguata ed equilibrata), regolare contatto umano con adulti e bambini.

STATO FISICO: Sterilizzato. Al check up veterinario risulta sano.

AMBIENTE DI VITA ATTUALE: gattile, solo interno, stanza condivisa con altri 4 gatti della stessa età. Nessun rilevamento di comportamenti anomali.

TEST DELLA PERSONALITA’: Socievole, ben manipolabile, molto tollerante al contatto anche in zone del corpo particolari come pancia, coda. Visite veterinarie eseguibili senza alcun problema. Cure farmacologiche per bocca eseguibili senza alcun problema.

STRESS SCORE TEST: leggermente teso

Nella stanza erano presenti la sottoscritta, due adulti e due bambini di circa 2-4 anni, di cui il più piccolo stava in braccio al padre.
Dopo circa 10 minuti in cui si conversava ad una distanza dal gatto di circa 2 mt, la famiglia si sposta verso l’angolo della stanza, di fronte ad un tiragraffi verticale su cui sostavano tutti i 5 gatti.

Gris è posizionato sul ripiano medio, all’interno di una cuccia di stoffa. La posizione e comunicazione corporea suggerisce che è leggermente teso, in osservazione.

Molti articoli/libri/corsi si preoccupano di spiegare l’interpretazione corretta della comunicazione felina, ma ben pochi (forse nessuno!) si preoccupa di spiegare l’importanza di un’accurata comunicazione umana verso il gatto. Possiamo essere degli esperti nell’interpretazione della comunicazione del gatto, ma essere dei pessimi comunicatori con il gatto!

A mio avviso quando umano e gatto non si conoscono è necessario:

☛ Abbassarsi – il gatto può essere intimidito dalla nostra altezza
☛ Parlare eventualmente (ma è preferibile il silenzio) delicatamente con voce calma.
☛ Lasciare che il gatto si avvicini per primo – il gatto deve sentirsi abbastanza a suo agio da permetterci di toccarlo.
☛ Muoversi lentamente attorno al gatto: i movimenti veloci possono intimidire il gatto
☛ Stendere la mano e lasciare che il gatto annusi il nostro odore – questo forma un rapporto di fiducia
☛ Non continuare ad avvicinarsi al gatto se non sembra interessato
☛ Non chiudere in un angolo il gatto – può sentirsi intrappolato
☛ Non guardare direttamente negli occhi il gatto: il gatto potrebbe trovarlo offensivo e intimidatorio

Dopo circa altri 10 minuti la signora si avvicina porgendo la mano, ma Gris scende immediatamente dal tiragraffi posizionandosi nella parte inferiore. La reazione è un pò anomala perché tendenzialmente questo gatto accetta volentieri il contatto umano. E’ probabile che la postura degli umani estranei sia stata intesa come una possibile minaccia (in piedi e un umano in piedi + la bambina in braccio), posizionati proprio frontalmente al gatto.

Dopo poco, Gris percorre la stanza sul perimetro e mi raggiunge. Io sto in mezzo alla stanza, ad una distanza dal tiragraffi di circa 2mt in piedi. Solitamente i gatti intimiditi possono percorrere lo spazio seguendo il perimetro. Comincia a strofinarsi sulle mie gambe e cerca con insistenza un contatto visivo. Mi abbasso.

Il gatto mi conosce.
Questo è un elemento importante.
Nonostante stessi anch’io in piedi, il gatto si è avvicinato perché non mi considera un estranea.

Il comportamento, però, sul quale mi voglio soffermare è lo strofinamento e il contatto visivo.

Lo sfregamento risulta eccessivo e continuo, alternato alla ricerca del contatto visivo.

Il sistema sociale dei gatti domestici comprende tutti gli animali che condividono il loro spazio domestico. Questi possono essere percepiti come minacce (cani, umani), concorrenti per le risorse (altri gatti) o prede (piccoli uccelli, pesci e “animali domestici”).

I gatti tra loro utilizzano il comportamento di mantenimento della distanza per evitare conflitti diretti, l’importanza dell’interazione sociale in questa specie è chiara dalla presenza di comportamenti di diminuzione delle distanze e di affiliazione.
Quando il gatto viene avvicinato da individui di una specie che non teme, ci sono due tipologie di distanze che diventano importanti. Gli individui ben accettati sono ammessi ad un approccio intimo, incluso il contatto fisico, e quindi possono entrare nella distanza personale del gatto. Altre conoscenze non saranno attaccate, ma non saranno ammesse entro la distanza personale. Questo spazio è chiamato la distanza sociale.

Nelle colonie di gatti selvatici, i felini si confermano a vicenda come membri della loro colonia, strofinandosi tra di loro. Questa è una forma di comunicazione e accettazione. Quando i gatti trasferiscono questo comportamento sull’uomo, mescolano i loro odori con quelli umani.

Il sistema sociale dei gatti domestici comprende tutti gli animali che condividono il loro spazio domestico. Questi possono essere percepiti come minacce (cani, umani), concorrenti per le risorse (altri gatti) o prede (piccoli uccelli, pesci e “animali domestici”).
I gatti tra loro utilizzano il comportamento di mantenimento della distanza per evitare conflitti diretti, l’importanza dell’interazione sociale in questa specie è chiara dalla presenza di comportamenti di diminuzione delle distanze e di affiliazione.
Quando il gatto viene avvicinato da individui di una specie che non teme, ci sono due tipologie di distanze che diventano importanti. Gli individui ben accettati sono ammessi ad un approccio intimo, incluso il contatto fisico, e quindi possono entrare nella distanza personale del gatto. Altre conoscenze non saranno attaccate, ma non saranno ammesse entro la distanza personale. Questo spazio è chiamato la distanza sociale.
continuo, alternato alla ricerca del contatto visivo.

Non solo il comportamento di sfregamento della testa lascia segnali chimici (feromoni) che identificano gli incontri amichevoli, ma pone anche il gatto in posizione vulnerabile, quindi, non è solo un modo per esprimere cordialità, ma anche fiducia. Le ghiandole coinvolte, presenti in questa zona del corpo, infatti, producono sostanze chiamate feromoni di familiarizzazione che trasformano oggetti/soggetti marcati in oggetti/soggetti familiari.

Durante questo rituale si verifica quindi un importante scambio di odori che serve a creare un odore comune e familiare tra tutti gli individui che condividono quel territorio. Lo sfregamento non è una dimostrazione di affetto nel senso umano della parola, ma è comunque un comportamento che i gatti esibiscono solo con individui che fanno parte del loro mondo e che danno loro un senso di sicurezza.

I gatti acquisiscono sicurezza dall’odore del gruppo

E’ probabile quindi che Gris, in questo momento di tensione e di incertezza, abbia avuto la necessità di cercare un punto di sicurezza, un umano quindi conosciuto, sul quale ha deposto il suo odore mescolandolo con quell’umano per acquisire sicurezza.
Il comportamento è stato molto deciso, eccessivo e continuo, tipico di un soggetto ansioso.
Non solo, ma durante l’esibizione di questo comportamento, ha cercato il contatto visivo con me.

In genere i gatti evitano il contatto visivo quando sono spaventati o minacciati; quando sono offensivamente aggressivi, lo sguardo rimane fisso.

Un nuovo studio (vedi Merola et al. 2015. Social referencing and cat-human communication. Animal Cognition 18, 639-648) ha scoperto che, proprio come i bambini e i cani che guardano ai genitori e ai proprietari per essere rassicurati di fronte a oggetti o situazioni non familiari, i gatti possono anche prendere spunti comportamentali dai loro umani. Questa capacità comunicativa di analizzare le espressioni facciali e il tono della voce e reagire alle risposte emotive dell’umano come persona di fiducia, è chiamata “riferimento sociale”.

I gatti possono cambiare il loro comportamento in risposta ai messaggi emotivi dei loro proprietari.

I gatti usano le informazioni emotive fornite dai loro proprietari su un oggetto/soggetto nuovo/sconosciuto per orientare il loro comportamento.

Tutto questo ci parla molto del condizionamento che lo stato emotivo dell’umano può produrre sul proprio gatto.

Questo è uno dei motivi per cui ho sviluppato un metodo/approccio insegnato presso il Centro di Cultura Felina®, che tiene conto di questo legame e condizionamento reciproco. Il rapporto umano-gatto è un legame in cui entrano in gioco diverse dimensioni, non solo quella fisica, ma anche psicologica, emotiva e spirituale.

Clicca per la versione pdf scaricabile.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER:

LE STEREOTIPIE NEL GATTO

La stereotipia è uno schema comportamentale rigido, compiuto in maniera ripetitiva e continua, senza alcuno scopo o funzione apparente. 

Nell’uomo si traduce in comportamenti più comuni quali: dondolare o grattarsi continuamente la testa, schiarirsi la voce. Le stereotipe comportamentali, nella specie umana, sono molto spesso sintomo di patologie psichiatriche gravi quali autismo e schizofrenia. Pazienti autistici mostrano stereotipie continue e durature nel tempo. Si ipotizza che alla base dei comportamenti stereotipati ci siano danni a carico dei gangli della base o del neurotrasmettitore dopamina che ne regola l’attività.

Stereotipie e comportamenti compulsivi nell’uomo

Le stereotipie hanno molte similitudini con altri comportamenti ripetitivi come i comportamenti compulsivi, ma, mentre le stereotipie non hanno alcuna funzione apparente, i comportamenti compulsivi hanno la funzione di interrompere o evitare uno stato di malessere associato ad un evento possibile, anche se improbabile.

Possiamo definirli anche  come comportamenti disadattivi ovvero:

• comportamenti che provocano danni a se stessi, agli altri o agli oggetti

  • comportamenti che, per la loro intensità e frequenza, ostacolano l’emissione di altre prestazioni 
  • comportamenti che impediscono o limitano l’interazione sociale

Le stereotipie, pur avendo caratteristiche talvolta comunicative, nella maggior parte dei casi non sono emesse per controllare l’ambiente circostante, ma per ripristinare una situazione di “benessere” interrotta dall’evento che ha preceduto l’emissione della stereotipia.

  

Stereotipie comportamentali nel gatto 

Le stereotipie comportamentali sono manifestate anche da altre specie animali e hanno, come nell’uomo, una natura solitamente ripetitiva e apparentemente priva di funzione apparente. Tuttavia, nel mondo animale, le stereotipie si riscontrano prevalentemente in condizioni di cattività e quasi mai in situazioni naturali. Comportamenti stereotipati possono essere frequentemente osservati negli zoo, negli animali da di laboratorio e negli allevamenti intensivi. Non manca però anche la presenza di comportamenti di questo tipo anche nel gatto domestico, che viene impedito nell’espressione di alcuni comportamenti specifici e questa privazione lo può portare a realizzarli anche senza stimoli esterni adeguati. Indubbiamente, siamo in questo caso di fronte ad una mancanza di benessere.

Il comportamento compulsivo è considerato espressione di stress, frustrazione o conflitto.

Le condizioni di cattività, infatti, privano gli animali di bisogni fondamentali e i comportamenti stereotipati derivino proprio da tale frustrazione. Dal punto di vista del benessere animale, le stereotipie comportamentali sono quasi sempre sintomo di forti condizioni di malessere, associate a livelli anormali di ormoni dello stress (quali corticosteroidi e catecolammine). 

La causa esatta delle stereotipie non è stata definita in modo preciso, ma a mio avviso le situazioni in cui il gatto viene confinato in un ambiente povero di stimoli possano favorire l’insorgenza di questi comportamenti, così come una relazione povera o non soddisfacente con l’umano di riferimento. 

Anche nel gatto, come nell’uomo, questi comportamenti sono chiamati disturbi compulsivi e possono manifestarsi al di fuori del contesto originario in tutte quelle situazioni in cui l’animale prova una forte eccitazione.

I disturbi compulsivi più comuni nel gatto sono:

  • leccare o mordere insistentemente alcune parti del corpo fino a provocarsi delle lesioni
  • succhiare la lana o altri tessuti, iniziando a succhiare le magliette dei proprietari, copertine, tappeti. Può essere diretto anche verso una persona
  • mangiare oggetti non commestibili
  • aggressività auto diretta come aggredirsi la coda o altre parti del corpo
  • vocalizzazione ripetitiva e persistente
  • sindrome da iperestesia felina

I comportamenti compulsivi vengono inizialmente mostrati in una situazione conflittuale e con il prolungarsi del conflitto si possono manifestare in tutti quei contesti in cui l’animale prova grande eccitazione. In sostanza, il gatto impara a rispondere ad uno stimolo di quel tipo allo stesso modo.

Se il comportamento continua per un lungo periodo di tempo, potrebbe diventare un comportamento fisso che non richiede più la situazione o l’innesco ambientale che ha dato origine al comportamento. I comportamenti possono rafforzarsi a causa del rilascio di sostanze chimiche nel cervello che alleviano il dolore e, in questo modo, il comportamento può diventare un meccanismo per far fronte a condizioni che sono in conflitto con i bisogni del gatto.

Qual’è la causa?

Tra le cause che scatenano questi tipi di problemi possiamo avere:

  • una predisposizione genetica (ad esempio le razze Siamese e Burmese sono maggiormente predisposte al comportamento di pica, ovvero succhiare e ingerire oggetti non commestibili. Sembra che ci sia una predisposizione anche nei soggetti che hanno avuto un allattamento prolungato, otre i sei mesi di età o uno svezzamento precoce, prima del primo mese di vita).
  • fattori ambientali che provocano stress e frustrazione (come detto sopra la privazione di stimoli ambientali).
  • stimoli fisici come irritazioni anche di natura allergica il cheta verificato con il veterinario 
  • l’attenzione del proprietario data al gatto nel momento in cui manifesta il comportamento. Quando il gatto inizia a leccarsi, spesso le attenzioni del proprietario possono rinforzare questo comportamento. I comportamenti possono aumentare rapidamente di frequenza se, quindi, sono rinforzati in qualche modo dal proprietario. In questo caso, consiglio, quindi,  nel momento in cui il gatto sta mettendo in atto il comportamento compulsivo, di ignorarlo completamente.

Cosa possiamo fare?

È SEMPRE necessario verificare l’assenza di problemi organici concomitanti, quindi rivolgersi al proprio veterinario.

Ci sono molteplici strategie atte a impedire o a ridurre la comparsa di stereotipie comportamentali: tra queste, quella di fornire ambienti arricchiti da stimoli etologicamente rilevanti.

Spesso il leccamento eccessivo può essere mantenuto nonostante sia stata rimossa la causa primaria e diventa un comportamento abituale che si tramuta in un vero e proprio disturbo compulsivo.

Controllo dell’ambiente:

  • Ridurre lo stress eliminando il più possibile gli eventi imprevedibili; ad esempio, alimentarlo alla stessa ora ogni giorno se non ha il cibo sempre a disposizione
  • Tenere i tessuti di interesse del gatto fuori dalla sua portata e adeguare l’alimentazione
  • Fornire al gatto la possibilità di muoversi nelle tre dimensioni, introdurre dei giochi interattivi
  • Se si tratta di una casa multi-gatto prevedere più postazioni per il cibo, l’acqua, e lettiere in punti differenti della casa, fornire spazi per nascondersi ed isolarsi, sfruttare le tre dimensioni con l’utilizzo di mensole, graffiatoi alti, ponti tibetani, mobili su cui saltare, amache ecc…

Modifica del comportamento:

  • Ignora il comportamento il più possibile; non premiare il comportamento prestando attenzione ad esso. Molti comportamenti compulsivi sorgono spontaneamente come risposta al conflitto o all’ansia, ma i comportamenti possono diventare compulsivi o stereotipati perché sono stati condizionati. Ad esempio, il proprietario che dà l’attenzione al gatto può rinforzare lil comportamento offrendo cibo o un giocattolo nel tentativo di interrompere il comportamento
  • pianifica un comportamento alternativo (come il gioco o l’alimentazione) in quel momento
  • premiare il gatto per un buon comportamento; non punire il gatto per i cattivi comportamenti

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER:

Mondo Felino – Gorizia

L’odore del the caldo al limone e la citronella mi ricordano l’asilo…
Ogni volta che sento questi odori torno indietro nel tempo, mi sembra di esere lì e provo delle particolari emozioni che non saprei descrivere.
Nel nostro cervello c’è una parte deputata alla memorizzazione e al riconoscimento degli odori.
Il bulbo olfattivo, che elabora gli odori, è situato molto in profondità nel nostro cervello, accanto all’ippocampo, che è il punto in cui convergono le informazioni e in cui il cervello elabora i ricordi delle esperienze e dove si crea la memoria connessa ai nostri vissuti. Quando percepiamo un odore si ridestano in noi il ricordo e l’emozione a cui questo è associato.

Potete solo immaginare il complesso mondo olfattivo del gatto che a differenza nostra possiede circa 200 milioni di cellule olfattive?

Vi vorrei portare in questo mondo felino così affascinante e complesso per capire come il gatto percepisce il mondo, come interagisce con l’ambiente e come vive le relazioni attraverso il suo senso più sviluppato e come utilizzare queste informazioni per migliorare la nostra convivenza.

Entra nel mio mondo – Como
Gattofili di Como e dintorni non perdete questo appuntamento formativo il 10 maggio alle ore 19,30 presso La Loggia del Gatto a Lipomo (CO).
Parleremo, naturalmente, del gatto e della sua convivenza con l’umano, come migliorarla, come comprenderlo meglio e come risolvere certe problematiche comuni.
Per adesioni contattate info@laloggiadelgatto.com oppure 327 8275482
LA PAURA, UN’EMOZIONE DA COMPRENDERE

La paura è una sensazione di apprensione associata alla presenza o alla vicinanza di un oggetto, di un individuo o di una situazione sociale. La paura fa parte del comportamento normale e può essere adattiva. La determinazione se la risposta di paura è anormale o inappropriata, deve essere determinata assolutamente dal contesto. Se un gatto ha paura di stimoli innocui, come camminare sul tappeto o uscire all’aperto, tale paura andrebbe considerata irrazionale e, se si tratta di una reazione costante o ricorrente, probabilmente maladattiva. Le paure normali e anormali si presentano solitamente come risposte graduate, con l‘intensità della risposta proporzionale alla prossimità dello stimolo che provoca paura.

Avete mai considerato la nostra reazione a qualcosa  che minaccia la nostra sicurezza? Vi siete mai spaventati di qualcuno che improvvisamente salta da dietro un cespuglio? L’emozione della paura è percepita come un senso di terrore, ed è un’emozione intelligente, perché ti avvisa della possibilità che puoi essere “danneggiato”, il che a sua volta ti motiva a proteggerti.

Quindi, la risposta alla paura  descrive il comportamento di vari animali compreso l’uomo, quando si sentono minacciati ed è stato oltretutto riconosciuto che entrambi, animali e umani, hanno le stesse risposte.

La paura è una reazione fisiologica, comportamentale ed emotiva ad uno stimolo potenzialmente dannoso. L’esperienza della paura è, quindi, un meccanismo di sopravvivenza. La paura è spesso collegata al dolore o ad un evento traumatico. Ad esempio, se un gatto cade dalla finestra, può sviluppare la paura delle finestre. Ma non solo, ci sono momenti in cui una paura passata potrebbe riemergere, per il gatto come per noi! Anche se, magari, la situazione attuale non giustifica veramente il bisogno di avere paura. Questo è il caso del disturbo da stress post-traumatico (PTSD) nell’uomo, in cui la conseguenza di una situazione precedente in cui si è stati effettivamente in pericolo, viene rivissuta nel presente, quando vengono attivati ​​quei ricordi emotivi. Sebbene tu possa razionalmente sapere di essere al sicuro, il tuo cervello ti prepara automaticamente al peggio! Questa si chiama  memoria emotiva e funziona allo stesso modo nel gatto!

Ci sono quattro fasi emozionali della paura, che corrispondono agli effetti fisiologici del sistema nervoso simpatico:

Fight (combatti)

Flight (fuggi)

Freeze (immobilizzati)

e Comportamenti Sostitutivi

Ad esempio, un gatto può provare a scappare da uno stimolo che evoca la paura, come ad esempio il veterinario. Tuttavia, se messo alle strette, non potendo fuggire, può immobilizzarsi o diventare aggressivo in modo difensivo. La quarta risposta emotiva, ovvero, i comportamenti sostitutivi è una risposta normale, ma non nel contesto in cui si verifica. Ad esempio il gatto, di fronte aduno stimolo che evoca la paura,  può sbadigliare o leccarsi le labbra. In un altro contesto, sbadigliare o leccarsi ad esempio dopo un pasto, sono considerati comportamenti normali. Non è forse così anche per noi? Di fronte ad un evento pauroso o anche al solo ricordo abbiamo un impulso irrefrenabile a scappare, affrontare, immobilizzarci oppure cercare di “non pensarci”.

La reazione fisiologica, invece, si traduce in un aumento della frequenza cardiaca e respiratoria (ansimazione), sudorazione, tremori e a volte urinazione e defecazione involontaria.

Un animale pauroso può assumere posizioni corporee protettive come l’abbassamento del corpo e della testa, avvicinando le orecchie alla testa, dilatando le pupille e nascondendo la coda sotto il corpo. Se il gatto percepisce una minaccia, la risposta può anche includere elementi di aggressività difensiva.

La risposta alla paura, per entrambi umano e gatto, è legata all’attività dell’amigdala, che è coinvolta nell’elaborazione delle emozioni negative.  La serotonina (neurotrasmettitore mediatore di paura e ansia), la noradrenalina, la dopamina e il GABA sono tutti coinvolti nello sviluppo della paura e dell’ansia.

Da una prospettiva evolutiva, l’emozione della paura proteggeva gli umani dai predatori e altre minacce alla sopravvivenza della specie. Quindi non c’è da meravigliarsi se certi pericoli evocano quell’emozione, poiché la paura aiuta a proteggerci ed è quindi adattabile, funzionale e necessaria, per noi come per il nostro amico gatto!

 

© dott.ssa Ewa Princi 2019

 

I gatti provano emozioni

I gatti provano emozioni dalla stesse aree del cervello degli esseri umani?

Sembrerebbe proprio di sì!

Il cervello del gatto come dell’umano hanno le stesse strutture che servono le stesse funzioni. 

Rispetto ad altri vertebrati, i mammiferi hanno cervelli eccezionalmente grandi per le dimensioni corporee. Questo aumento del rapporto tra dimensioni del cervello e dimensioni del corpo è particolarmente pronunciato nelle scimmie, nelle balene e nei delfini e ha indubbiamente giocato un ruolo nell’evoluzione di comportamenti complessi, unici per i mammiferi, ma c’è di più. Gli scienziati hanno scoperto una relazione tra la superficie  della corteccia e l’intelligenza e i complessi comportamenti sociali esibiti da alcuni mammiferi. Nei gatti e nelle pecore è alta e negli scimpanzé, umani e delfini lo è ancora di più.

Il cervello è la parte del sistema nervoso centrale (SNC) che è contenuta nella cavità cranica. Comprende la corteccia cerebrale, il sistema limbico, i gangli della base, il talamo, l’ipotalamo e il cervelletto. Vediamo ora le parti che ci interessano e che ci aiutano a comprendere la paura nel gatto.

L’Amigdala: Centro dei Processi Emozionali

Ubicazione: parte del sistema limbico, alla fine dell’ippocampo
Funzione: Responsabile della risposta e memoria delle emozioni, in particolare della paura
L’amigdala è la ragione per cui temiamo cose al di fuori del nostro controllo…, è infatti il circuito di allarme del nostro corpo! Controlla, infatti,  il modo in cui reagiamo a determinati stimoli, o ad un evento che provoca un’emozione, che vediamo come potenzialmente minacciosa o pericolosa. Si tratta di due regioni nel cervello, a forma di mandorla, che controllano le risposte emotive basate su input provenienti da altre aree del cervello. La funzione più comune dell’amigdala consiste nel sintetizzare le risposte di paura dall’ambiente, come quando si sale  sulle montagne russe!!! Avete presente? 🙂 . Senza l’Amigdala non avremmo mai paura!

I gatti possiedono anche questa regione del cervello responsabile delle reazioni emotive, come, appunto, la paura. Per un gatto, una reazione di paura può manifestarsi quando, ad esempio, viene portato presso l’ambulatorio veterinario. In questo ambiente il gatto, attraverso la vista, gli odori e i suoni, percepisce delle minacce vere e proprie.

Il talamo e cortecce sensoriali: fonti di stimolazione emotiva

Il talamo funge da porta e riceve input sensoriali e motori dal corpo e riceve anche feedback dalla corteccia. Questo meccanismo di feedback può modulare la consapevolezza  degli input sensoriali e motori a seconda dell’attenzione e dello stato di eccitazione dell’animale. Il talamo aiuta a regolare la coscienza, l’eccitazione e gli stati di sonno. Le cortecce sensoriali, attraverso il talamo, inviano informazioni raccolte dagli organi sensoriali, all’amigdala. L’amigdala quindi avvia una reazione emotiva basata su questi stimoli (sensoriali). Facciamo un esempio, i tuoi occhi vedono che il tuo migliore amico sta camminando verso di te e sorride. Questo stimolo è percepito nella corteccia visiva, quindi il talamo decide di trasmettere queste informazioni alle altre parti del cervello, compresa l’amigdala. L’amigdala potremmo dire che esclama: “Che bello, ecco il mio migliore amico che arriva !” e di conseguenza hai una reazione emotiva positiva a ciò che hai visto.

In un gatto, invece, un  esempio potrebbe essere quando ti vede entrare dalla porta a fine giornata. Questa stimolazione sensoriale è interpretata dal suo amigdala, che manda endorfine (i cosiddetti ormoni felicità) in tutto il suo sistema, provocando le fusa che conosciamo benissimo!

L’ippocampo: la memoria innesca le emozioni

L’ippocampo memorizza ricordi a lungo termine, ed è anche responsabile della memoria della posizione di oggetti o persone. Non saremmo nemmeno in grado di ricordare dove abitiamo  senza l’ippocampo! Difatti, la malattia di Alzheimer che spesso causa la perdita di memoria, danneggia  questa zona del cervello. Non solo, però, l’ippocampo svolge un ruolo fondamentale nella formazione, organizzazione e conservazione di nuovi ricordi, ma collega anche determinate sensazioni ed emozioni a questi ricordi, come quelle che hai provato il giorno che ti sei sposato 🙂 e riceve informazioni direttamente dell’amigdala. Gli scienziati credono che questo sia il motivo per cui possiamo sentire delle forti emozioni  quando ricordiamo qualcosa in particolare.

Anche se i ricordi del gatto non sono memorizzati esattamente  come i nostri nei contenuti, comunque l’informazione proveniente dalla sua corteccia sensoriale attiva il ricordo nel suo ippocampo, che comunica con l’amigdala, che gli “farà provare” paura. Quando il gatto ricorda che l’ultima volta che è andato dal veterinario (associa i suoni, gli odori e ciò che vede) ha ricevuto una dolorosa iniezione, assocerà quindi il ricordo dell’iniezione dolorosa a quegli stimoli sensoriali e allo stato emotivo sperimentato, in questo caso, la paura o il dolore.

La corteccia prefrontale: scegliere la ragione sulla paura

La corteccia prefrontale dialoga con l’amigdala, quando viene suscitata una risposta di paura. L’amigdala nella pratica dice: “Abbi paura!” Quindi, la corteccia prefrontale si interroga: “È davvero qualcosa di cui aver paura?” In caso contrario, la corteccia prefrontale invia queste informazioni all’amigdala, che cessa la reazione di paura in modo da non farci sentire più spaventati. Se questo processo avviene più volte dallo stesso stimolo – per esempio, qualcuno arriva alle spalle e grida “BOO!” – alla fine la corteccia prefrontale “insegna” all’amigdala che non dovrebbe avere una reazione di paura davanti a  quello stimolo.

La corteccia prefrontale di un gatto non è sviluppata  quanto quella di un essere umano – ecco perché non può ragionare nella nostra stessa maniera. Tuttavia, il cervello di un gatto è in grado di insegnargli a non avere reazioni emotive alle cose che sono irrazionali. Ad esempio, se il gatto è spaventato dal rumore del campanello, alla fine, dopo averlo sentito ogni giorno, scoprirà che non le succede niente di male quando si sente quel rumore in particolare.

dott.ssa Ewa Princi 2019

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER: