Il Significato Nascosto dello Sbadiglio dei Gatti

Introduzione

Lo sbadiglio, nei mammiferi, è spesso associato alla stanchezza o alla noia. Ma nel gatto, questo gesto semplice racchiude un significato molto più ampio. Soprattutto quando avviene in un preciso contesto: quello che precede l’avvicinamento all’umano.

Molti proprietari raccontano di aver osservato questa sequenza:
il gatto li guarda da lontano, sbadiglia, e solo dopo decide di alzarsi e venire verso di loro.

Si tratta solo di una casualità o c’è qualcosa di più profondo in questo comportamento?

Attraverso un’analisi scientifica ed etologica, arricchita da spunti psicoetologici, esploreremo il significato di questo micro-rituale, e il suo valore nella comunicazione interspecifica.


Lo sbadiglio nel gatto: funzioni biologiche ed etologiche

Lo sbadiglio felino (in inglese, “yawning”) è un comportamento presente in moltissime specie, con funzioni che vanno ben oltre il sonno. Nei gatti, può essere osservato in situazioni apparentemente contrastanti: prima di dormire, dopo un pasto, ma anche in momenti di tensione, osservazione o interazione sociale.

Secondo la letteratura scientifica (Baenninger, 1997; Gallup, 2009), lo sbadiglio ha almeno tre principali funzioni:

  1. Funzione fisiologica – favorisce l’ossigenazione e la termoregolazione cerebrale.
  2. Funzione di attivazione – accompagna i passaggi da uno stato di quiete a uno stato di allerta o movimento.
  3. Funzione comunicativa – può essere interpretato come un segnale pacificatore o regolatore nel contesto sociale.

Nel caso del gatto, queste funzioni possono coesistere. Ma quando lo sbadiglio precede un’azione volontaria di avvicinamento, siamo di fronte a qualcosa di più complesso: un comportamento ponte.


Lo sbadiglio come comportamento di transizione

In etologia, un comportamento di transizione è un atto che appare tra due stati diversi — ad esempio, tra il riposo e il movimento — e che aiuta l’animale a passare da uno stato fisiologico o comportamentale all’altro.

Lo sbadiglio, in questo senso, segna una soglia.
Quando un gatto osserva il suo umano da lontano, sta valutando il contesto:

  • È sicuro?
  • Posso fidarmi?
  • Cosa provo in questo momento?

Se decide di avvicinarsi, compie un piccolo “rituale corporeo” che accompagna il passaggio da osservatore a protagonista dell’interazione.
👉 Lo sbadiglio è, dunque, un atto preparatorio al cambiamento.


La regolazione emotiva attraverso lo sbadiglio

Non è raro osservare il gatto sbadigliare in momenti di lieve ambivalenza emotiva: situazioni in cui è curioso ma anche prudente, interessato ma incerto.

In questi casi, lo sbadiglio può fungere da gesto di autoregolazione del sistema nervoso.
Un modo per ridurre un’attivazione eccessiva, scaricare la tensione e ripristinare l’equilibrio.

Dal punto di vista neurofisiologico, è stato ipotizzato che lo sbadiglio coinvolga aree legate al sistema parasimpatico, contribuendo a una modulazione dello stress lieve.

Nel contesto della relazione con l’umano, questo gesto diventa un ponte tra l’impulso e la scelta, tra il sentire interno e l’azione relazionale.


Spunti di lettura psicoetologica

In chiave psicoetologica, ogni gesto del gatto ha un valore relazionale, simbolico e trasformativo.
Quando il gatto ti osserva, sbadiglia e poi si avvicina, non sta solo eseguendo una sequenza motoria, ma sta navigando uno spazio emotivo e intersoggettivo.

Lo sbadiglio, in questo contesto, può essere letto come:

  • Una soglia tra il “tu” e il “noi”.
  • Un gesto che dice: “Sto entrando nel campo della relazione.”
  • Una forma di ascolto interno prima dell’apertura verso l’altro.

In termini umani, potremmo paragonarlo al nostro bisogno di respirare profondamente prima di affrontare un incontro importante.

👉 Il gatto, così facendo, ci insegna a non saltare subito nell’azione, ma a passare dal corpo, dalla consapevolezza, dalla presenza.


Quando lo sbadiglio non è legato alla relazione

Naturalmente, non tutti gli sbadigli del gatto hanno un significato relazionale.
Se il gatto è rilassato, sdraiato al sole e sbadiglia senza poi attivarsi, si tratta probabilmente di un sbadiglio fisiologico o da rilassamento.

Il contesto è tutto.

Il significato simbolico emerge quando lo sbadiglio precede un’azione sociale o relazionale, come l’avvicinamento, lo sguardo, il contatto.


Implicazioni pratiche per l’umano

Capire questi segnali sottili aiuta l’umano a sviluppare una maggiore presenza nella relazione con il proprio gatto.

Osservare e riconoscere lo sbadiglio come atto di transizione ci permette di:

  • Non forzare il contatto
  • Attendere con rispetto i tempi del gatto
  • Accogliere la sua scelta di entrare in relazione come un atto libero e consapevole

È un invito anche per noi:
🟡 Come ci prepariamo all’incontro con l’altro?
🟡 Ascoltiamo il nostro corpo prima di agire?

Il gatto sbadiglia… e ci ricorda che ogni passaggio merita uno spazio. Anche il più silenzioso.


Conclusione

Lo sbadiglio felino, quando anticipa un avvicinamento, è molto più di un riflesso. È un piccolo rito di connessione, un gesto che unisce corpo, emozione e relazione.

Imparare a leggerlo significa entrare in una dimensione più profonda della comunicazione interspecifica, dove la lentezza, la presenza e l’ascolto diventano il vero linguaggio dell’amore.

Domande Frequenti – Lo sbadiglio del gatto prima di avvicinarsi

Lo sbadiglio è sempre un segno che il gatto vuole avvicinarsi?

No.
Lo sbadiglio è un comportamento multifunzionale. Può indicare rilassamento, attivazione, transizione o semplice fisiologia (ad esempio, ossigenazione cerebrale o termoregolazione).
👉 È significativo solo se inserito in un contesto relazionale, come l’avvicinamento volontario all’umano.

È vero che lo sbadiglio serve a scaricare lo stress?

In parte, sì.
Lo sbadiglio può contribuire a modulare uno stato di lieve attivazione emotiva, aiutando il gatto a riequilibrarsi.
Non è un segnale di disagio acuto, ma può accompagnare momenti di ambivalenza o valutazione (vado o non vado?). In questo senso, è uno strumento di autoregolazione emotiva.

Il mio gatto sbadiglia spesso ma poi non si muove: è normale?
Sì.

Se il gatto sbadiglia ma non intraprende un’azione successiva, probabilmente si tratta di un sbadiglio da rilassamento o da sonnolenza, non relazionale.
👉 Il contesto è fondamentale per l’interpretazione.

Posso usare lo sbadiglio come segnale per capire se il mio gatto si fida di me?

Non direttamente.
Lo sbadiglio da solo non è un indicatore di fiducia.
Ma se rientra in una sequenza relazionale — come sguardo → sbadiglio → avvicinamento volontario → contatto — allora sì, può indicare un movimento di apertura.
👉 La fiducia si legge nel complesso dei comportamenti, non in un gesto singolo.

I gatti sbadigliano anche per imitazione o empatia come gli umani?

È possibile, ma non dimostrato in modo definitivo.
Studi su altre specie (primati, cani) hanno osservato sbadigli “contagiosi” legati all’empatia. Nei gatti domestici, il fenomeno non è ancora chiaramente documentato, ma si ipotizza che possa esistere un riflesso di sincronizzazione emotiva tra gatto e umano, soprattutto in relazioni strette.

Come posso distinguere uno sbadiglio “di passaggio” da uno “relazionale”?

Osserva cosa succede subito prima e subito dopo:
Il gatto ti guarda? Ti sta osservando da lontano?
Dopo lo sbadiglio, si attiva, si alza, viene verso di te?
👉 In quel caso, è probabile che lo sbadiglio faccia parte di un micro-rituale relazionale.
Se invece il contesto è neutro o statico, è più facile che sia fisiologico.

Cosa dice questo comportamento di me, come umano?

Lo sbadiglio del gatto prima di avvicinarsi ci invita a rispettare i tempi, i silenzi, i passaggi sottili della relazione.
È un richiamo all’ascolto profondo.
👉 Se impari a cogliere questi segnali, sei già in cammino verso una connessione più consapevole.

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Emozioni Primarie nel Gatto: La Nuova Frontiera dell’Etologia Felina

Cosa prova davvero un gatto?
Questa domanda, che per secoli ha ricevuto risposte vaghe o proiettive, sta oggi trovando basi solide grazie alla ricerca neuroscientifica e all’etologia applicata.
Perché i gatti non solo sentono, ma esprimono emozioni primarie riconoscibili, misurabili e… visibili.

L’origine scientifica: le emozioni primarie nei mammiferi

Negli anni ‘90, il neuroscienziato Jaak Panksepp (insieme ad altri studiosi come Marc Bekoff) ha identificato nel cervello dei mammiferi una serie di sistemi emozionali di base, profondamente radicati nel sistema limbico.
Queste emozioni non sono semplici stati d’animo, ma circuiti biologici attivi, universali, con una funzione adattiva.

Le principali emozioni primarie riconosciute sono:

  • Paura (FEAR) – per proteggersi da un pericolo
  • Rabbia / difesa (RAGE) – per difendere i propri confini
  • Desiderio / ricerca (SEEKING) – per esplorare e apprendere
  • Gioia / gioco (PLAY) – per socializzare, imparare e autoregolarsi
  • Appagamento / cura (CARE) – per il legame affettivo e la sicurezza

Queste emozioni sono trasversali a tutti i mammiferi. E sì, anche il tuo gatto le prova.

L’applicazione al gatto: le 5 emozioni osservabili

Nel 2021, un interessante studio pubblicato sull’Irish Veterinary Journal ha proposto un adattamento pratico di questo modello al comportamento felino.
L’obiettivo? Identificare segnali etologicamente osservabili che ci aiutino a leggere non solo le emozioni di disagio, ma anche quelle positive.

Ecco le 5 macro-emozioni felini riconoscibili nel quotidiano:

EmozioneEsempi comportamentali nel gattoNote
PauraPostura bassa, pupille dilatate, nascondersi, blocco, soffiGià molto studiata e riconosciuta
Rabbia / FrustrazioneAggressività, coda a frusta, vocalizzazioni insistenti, agitazioneSpesso confusa con “carattere difficile”
Gioia / GiocoAgguati, rincorse, salti, interazione ludica con oggetti o umaniSpesso sottovalutata negli adulti
ContentezzaFusa morbide, impastare, rilassamento completo, occhi a mandorlaSpesso ignorata in ambito clinico
Interesse / CuriositàAnnusare, esplorare, osservare, orecchie in avanti, movimento lentoFondamentale per apprendimento e benessere

Perché questo approccio è rivoluzionario?

Fino ad oggi, la valutazione comportamentale del gatto si è concentrata principalmente sul rilevamento dello stress, della paura o dell’aggressività.
Ma un cambiamento di paradigma sta prendendo piede:

✅ 1. Si va oltre il problema

Non si guarda solo al disagio, ma anche a ciò che funziona bene: gioco, rilassamento, interesse, gioia.

✅ 2. Migliora la lettura del benessere

Si può finalmente rispondere alla domanda: “Il mio gatto è felice?” con strumenti più oggettivi.

✅ 3. Favorisce una relazione più empatica

Il focus si sposta su ciò che costruisce il legame: osservare, riconoscere e nutrire anche le emozioni positive.

✅ 4. Diventa una guida per l’intervento

L’obiettivo non è solo ridurre lo stress, ma aumentare le esperienze positive nella quotidianità felina.

Il mio approccio: emozioni come ponte tra specie

In PsicoEtologia Felina®, non mi limito a osservare i comportamenti.
Guardo oltre il gesto, per cogliere l’intenzione emotiva profonda che lo anima.

Un gatto che si rannicchia in silenzio non sta solo “riposando”.
Un gatto che fissa un punto con le orecchie avanti non sta solo “curiosando”.

🔍 Ogni micro-movimento racconta una storia interiore.

Ecco perché, nel mio lavoro con le persone e i loro gatti, uso le emozioni non come etichette… ma come porte da aprire, insieme.

Molti proprietari imparano presto a riconoscere paura, rabbia o disagio.
Ma raramente si insegna loro a riconoscere la gioia, la curiosità, la fiducia.

Nel mio metodo, questo è il punto di partenza.
Ti accompagno a riconoscere i momenti di benessere per renderli abituali, non eccezioni.

Esercizi pratici per coltivare emozioni felini (e umane) dalla Psicoetologia FelinaⓇ

Ecco alcune pratiche semplici che propongo nei percorsi di PsicoEtologia Felina®:

🗒️ 1. Diario emotivo del tuo gatto

Prendi 10 minuti al giorno per annotare:

  • un comportamento positivo osservato (es. impastare, esplorare, fusa)
  • il contesto in cui è accaduto
  • come ti sei sentita tu osservandolo

Questo esercizio non solo ti connette al tuo gatto…
ma ti insegna a riconoscere il tuo stesso stato emotivo.


📸 2. Fotografa un momento di sicurezza

Scatta una foto al tuo gatto quando mostra un chiaro segnale di contentezza o fiducia.
Stampala. Mettila dove puoi vederla ogni giorno.

📍 Ti ricorderà che il benessere esiste.
E che lo stai già costruendo, insieme.


🧪 3. Esperimento del giorno nuovo

Ogni settimana, introduci un piccolo stimolo nuovo:
una scatola diversa, un tessuto morbido, un gioco inedito, un suono rilassante.

🎯 Osserva con attenzione:

  • lo esplora?
  • si irrigidisce?
  • lo ignora?

📌 Questo ti allena a cogliere l’emozione dominante nel tuo gatto.
Ma anche la tua disponibilità a tollerare il cambiamento.


🧶 4. Quando la coda parla

Se vedi la sua coda “a frusta”, non reagire con ansia.
Fermati. Respira. Guarda.
E chiediti: “Qual è il suo confine? Quale il mio?”

🗝 In quel gesto c’è una richiesta di spazio, non una dichiarazione di guerra.


🐾 Emozioni condivise = legame profondo

Nel mio lavoro, vedo spesso gatti che si rilassano quando i loro umani iniziano a vedersi davvero.
Perché quando impariamo a leggere le emozioni dell’altro, non cambiamo solo il nostro comportamento. Cambiamo la relazione.

E ogni emozione felina ben riconosciuta…
è anche una chiave per comprendere qualcosa di te.

Conclusione: il futuro è fatto di emozioni… anche feline

Riconoscere che il gatto prova emozioni primarie – e che le esprime – cambia radicalmente il nostro modo di relazionarci a lui.
Non si tratta solo di correggere comportamenti problematici, ma di coltivare benessere, fiducia e reciprocità.

👉 Ogni coda che si rilassa, ogni fusa dolce, ogni momento di gioco… è un segnale.
Un messaggio.
Un’opportunità per costruire una relazione più profonda.


Se vuoi approfondire, puoi iscriverti alla mia newsletter, oppure esplorare il percorso “Codice Felino” dove ogni emozione diventa una via di crescita condivisa tra te e il tuo gatto.

Somatizzazione nel gatto: come riconoscerla e affrontarla

Introduzione
Il termine somatizzazione viene usato in medicina e psicologia umana per descrivere il processo attraverso cui uno stato emotivo o psicologico si esprime attraverso il corpo, in forma di sintomi fisici. Ma è corretto parlare di somatizzazione anche nel gatto? Che rapporto c’è tra emozione, corpo e comportamento nell’animale? E quanto l’ambiente e la relazione con l’umano giocano un ruolo?

In questo articolo esploriamo il tema da tre prospettive: scientifica, etologica e psicologica, per fare chiarezza e offrire strumenti di osservazione e comprensione più profondi.

1. La prospettiva scientifica: stress, sistema nervoso e salute fisica

Quando parliamo di “somatizzazione” nel gatto, non intendiamo che abbia pensieri o emozioni coscienti come gli umani e che li “trasformi in sintomi”. Ma il suo corpo e il suo comportamento rispondono agli stress in modo reale, fisico e misurabile.

In pratica, lo stress nel gatto non resta mai solo nella testa: passa subito attraverso il corpo.


Come funziona lo stress nel gatto?

Davanti a uno stress (un rumore forte, un trasloco, un conflitto con un altro gatto, un padrone nervoso), il cervello del gatto attiva un sistema chiamato asse ipotalamo-ipofisi-surrene.

Questo sistema:

  • prepara il corpo a reagire (attacco, fuga, blocco),
  • alza i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress),
  • aumenta la tensione muscolare, la vigilanza, il battito cardiaco.

Tutto questo è normale se dura poco.
Ma se lo stress diventa cronico, cioè prolungato nel tempo, ha effetti negativi su:
✅ il sistema immunitario → più infezioni, raffreddori, malattie;
✅ l’apparato digerente → vomito, diarrea, gastrite;
✅ la pelle → leccamento eccessivo, dermatiti, perdita di pelo;
✅ l’apparato urinario → cistite idiopatica felina (FIC), cioè infiammazione della vescica senza causa organica.


⚠️ Esempio pratico: la cistite da stress

Immagina un gatto che vive in un ambiente senza spazi suoi, dove c’è tensione familiare o dove arrivano continuamente ospiti o rumori.
Non potendo scappare né “dire la sua”, il gatto accumula stress.

Risultato?

  • urina spesso e fuori dalla lettiera,
  • ha dolore quando fa pipì,
  • magari si lecca ossessivamente la pancia.

Il veterinario esclude infezioni o calcoli → il problema è di natura stress-corpo.


Cosa scatena lo stress cronico?

  • cambi improvvisi di ambiente (traslochi, lavori in casa),
  • arrivo di nuovi animali o persone,
  • litigi o tensioni tra umani o gatti,
  • mancanza di arricchimento ambientale (poche mensole, giochi, spazi di fuga),
  • solitudine prolungata,
  • routine imprevedibili.

👉 Nota bene: non è solo cosa succede, ma come il gatto lo percepisce.
Un evento che per un gatto è banale, per un altro può essere fonte di grande stress.


2. La prospettiva etologica: comportamento come spia di malessere

Dal punto di vista etologico, il comportamento non è mai casuale: è sempre una risposta a un bisogno, uno stimolo o uno stato interno.
Quando osserviamo un cambiamento nel comportamento del gatto, stiamo leggendo i segni di qualcosa che per lui non va.


Quali comportamenti osservare?

Ecco i segnali più comuni che possono indicare un disagio:

🐾 Aggressività improvvisa

  • Il gatto attacca senza preavviso, graffia, morde, soffia.
  • Possibili cause: dolore fisico, paura, frustrazione, sovrastimolazione.

🐾 Marcature urinarie

  • Spruzza urina su pareti, mobili, oggetti.
  • Possibili cause: insicurezza territoriale, arrivo di nuovi membri, conflitti con altri gatti.

🐾 Autogrooming eccessivo

  • Si lecca compulsivamente fino a creare chiazze senza pelo.
  • Possibili cause: stress, noia, disagio fisico, mancanza di stimoli.

🐾 Iperattività notturna

  • Corre, salta, miagola di notte.
  • Possibili cause: mancanza di gioco diurno, solitudine, abitudini sfasate.

🐾 Inappetenza o iperfagia

  • Rifiuta il cibo o mangia troppo.
  • Possibili cause: stress emotivo, cambiamenti ambientali, competizione con altri animali.

Perché il gatto è così sensibile ai cambiamenti?

Il gatto è un animale territoriale, abitudinario e sensibile.
In natura il suo benessere dipende:

  • dal conoscere il territorio,
  • dall’avere prevedibilità nelle routine,
  • dal potersi regolare da solo (cacciare, riposare, interagire o isolarsi).

In ambiente domestico, questo significa:

  • spazi di rifugio,
  • libertà di movimento,
  • possibilità di esprimere i propri bisogni (gioco, esplorazione, socialità, isolamento).

Anche i microcambiamenti che l’umano non nota (odori, suoni, tensioni tra persone, spostamento di mobili) possono alterare questo equilibrio e scatenare reazioni.


Come capire se è stress?

👉 Guarda non solo il sintomo, ma il contesto:

  • Quando ha iniziato a fare così?
  • Cosa è cambiato in casa?
  • Ci sono stati eventi nuovi (trasloco, ospiti, assenze, lutti, nuovi animali)?

👉 Nota la frequenza e intensità:

  • È un comportamento saltuario o ripetitivo?
  • È peggiorato nel tempo?

👉 Osserva il resto del corpo:

  • Ha pelo opaco, occhi più chiusi, postura schiacciata?
  • Mostra altri segnali di disagio (es. vocalizzazioni eccessive, isolamento)?

Il comportamento è un linguaggio

Il gatto non ha parole, ma ha segnali.
Tirare fuori le unghie, spruzzare urina, miagolare di notte non sono “dispetti”: sono modi per comunicare un disagio interno o un bisogno frustrato.

Esempio pratico:

Il gatto che si lecca compulsivamente quando il proprietario torna nervoso dal lavoro non è “strano”: sta cercando di scaricare tensione che sente anche nell’ambiente emotivo.

Il gatto che graffia il divano dopo un trasloco non è “cattivo”: sta cercando di riappropriarsi del territorio marcandolo con i feromoni delle zampe.

3. La prospettiva psicologica e psicoetologica: relazione e campo emotivo condiviso

Nella PsicoEtologia Felina® osserviamo non solo il comportamento del gatto come individuo, ma anche il ruolo che gioca nel sistema relazionale umano in cui vive.
In altre parole: il gatto non è solo un soggetto che vive con noi, ma è immerso nel nostro campo emotivo, e vi partecipa in modo sensibile e spesso regolatore.


Come il gatto percepisce gli stati emotivi umani?

I gatti sono esperti lettori del non-verbale.
Senza bisogno di capire le nostre parole, leggono:

  • microespressioni del volto,
  • tensione corporea,
  • tono della voce,
  • ritmo dei nostri gesti,
  • variazioni della routine.

👉 Questo significa che ansia, rabbia, tristezza, frustrazione, ma anche gioia, calma, presenza affettuosa, passano da noi a loro come onde emotive.

Importante: il gatto non “capisce i problemi” (es. il mutuo, il lavoro, la lite familiare), ma percepisce l’atmosfera e l’energia emotiva.


Il campo emotivo condiviso

La psicoetologia guarda oltre la semplice convivenza: osserva la relazione come un campo condiviso.
Quando una famiglia vive tensioni croniche, lutti non elaborati, traumi sommersi, il campo emotivo si carica.
Il gatto, in quanto animale sensibile e regolatore, spesso:

  • aumenta la vigilanza,
  • diventa iper-reattivo ai microcambiamenti,
  • si fa più presente accanto a chi sta male,
  • o al contrario si isola, si chiude, si “ritira”.

In alcuni casi, assume un vero ruolo di regolazione:
accorre quando il proprietario è in ansia, si fa vicino durante le crisi emotive, offre la sua presenza come ancora di calma.

👉 Ma attenzione: questo ruolo ha un costo.
Un gatto che assorbe costantemente tensione può sviluppare stress cronico e somatizzarlo attraverso il corpo.


🐾 Non umanizzarlo, ma riconoscerlo

Parlare di campo emotivo condiviso non significa umanizzare il gatto.
Significa riconoscere che, come essere vivente sociale, risponde e si adatta al clima relazionale in cui vive.

Alcuni esempi pratici:

  • Dopo una separazione familiare → il gatto può iniziare a marcare il territorio per ristabilire un senso di sicurezza.
  • In una casa con frequenti litigi → può isolarsi, diventare ipervigile o mostrare grooming eccessivo.
  • In presenza di una persona malata o depressa → può “attaccarsi” a lei, diventando quasi un supporto emotivo.

Corpo, comportamento e relazione — tre vie per ascoltare il gatto e aiutarlo davvero

Quando parliamo di somatizzazione nel gatto, dobbiamo ricordarci quindi che non è solo un fatto fisico, né solo comportamentale, né solo relazionale: è un intreccio di tutti e tre questi ambiti.

  • La scienza ci mostra come lo stress cronico modifichi il corpo, attivando circuiti ormonali e nervosi che possono sfociare in malattie.
  • L’etologia ci insegna che il comportamento è un linguaggio, una spia preziosa per leggere il disagio prima che diventi un problema fisico.
  • La psicoetologia ci ricorda che il gatto vive immerso nel nostro campo emotivo e risponde profondamente al clima relazionale e familiare.

👉 Non possiamo prenderci cura solo del corpo, o solo del comportamento, o solo dell’ambiente: serve uno sguardo integrato.


Cosa possiamo fare, concretamente?

Osserva i segnali del gatto senza giudizio.
Fai una lista: cosa è cambiato di recente? Quando sono comparsi i segnali? Cosa succede in casa, nel vostro clima quotidiano?

Arricchisci il suo ambiente.
Tiragraffi, mensole, rifugi, giochi di predazione, routine di gioco: piccoli gesti quotidiani fanno una grande differenza per il benessere emotivo.

Cura il tuo stato emotivo.
Il tuo stress passa anche a lui. Non serve essere perfetti, ma portare un po’ più di consapevolezza: respira, rallenta, trova momenti di presenza vera accanto a lui.

Crea momenti di co-regolazione.
Prenditi 5-10 minuti al giorno per stare con il tuo gatto in modo calmo e attento: accarezzalo lentamente, respira insieme a lui, osserva il suo ritmo. Questo nutre entrambi.

Chiedi aiuto se serve.
Se i segnali persistono CONTATTAMI per una videochiamata gratuita che mi permetterà di capire la situazione e proporti un percorso.

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Un pensiero finale per te…

Il tuo gatto non è un problema da risolvere, ma un compagno che ti parla continuamente — con il corpo, il comportamento, la presenza.
Imparare ad ascoltarlo significa prenderti cura anche di te stesso e del clima che insieme create.
Perché il benessere di uno è legato al benessere dell’altro.

Ewa

Perché il gatto tiene la lingua fuori? Significato, segnali e cosa possiamo imparare noi
Chi ama i gatti lo sa: a volte li sorprendi con quella puntina di lingua fuori dalla bocca, che li rende ancora più dolci e buffi. In inglese lo chiamano blep, e spesso lo associamo subito a un momento di tenerezza.
Ma perché il gatto tiene la lingua fuori? E cosa possiamo imparare noi da questo gesto?

🐱 Quando è normale che il gatto tenga la lingua fuori?

Ci sono molte ragioni del tutto normali per cui un gatto può mostrare la lingua:

Relax e sonno profondo
Quando il gatto è rilassato, magari dopo una sessione di grooming, può “dimenticarsi” di ritirare la lingua.

Momento di distrazione
Dopo aver leccato il pelo o annusato qualcosa, resta assorto e la lingua resta appena fuori.

Annusare odori forti (Flehmen)
Quando percepisce odori particolari, usa l’organo di Jacobson e rimane con la bocca semiaperta.

Caratteristiche anatomiche
Alcune razze (es. Persiani) o gatti senza denti hanno più facilità a tenere la lingua fuori.

⚠️ Quando invece fare attenzione

Ci sono situazioni in cui la lingua fuori può essere un segnale di disagio o malessere:

Problemi dentali o gengivali
Infiammazione, dolore o denti mancanti possono modificare il modo in cui tiene la bocca.

Nausea o salivazione eccessiva
Lingua fuori + bava, leccamenti a vuoto, tentativi di vomito: meglio contattare il veterinario.

Respirazione a bocca aperta
Un segnale d’allarme importante, che può indicare colpo di calore, stress grave o problemi cardiaci.

Cambiamenti comportamentali
Se il gatto è apatico, si nasconde, non mangia → osservazione attenta e, se necessario, visita.

Cosa osservare per capire

Se noti il tuo gatto con la lingua fuori, chiediti:

  • Come respira? (naso chiuso bene o bocca aperta?)

  • Mangia normalmente?

  • La lingua è rosa e umida o gonfia, pallida, blu?

  • Ci sono altri segnali come conati, salivazione, cambi d’umore?

In caso di dubbio, contatta sempre il veterinario per un confronto.

Ti è mai capitato?

Forse non ci hai mai fatto caso, ma anche a noi esseri umani capita, ogni tanto, di lasciare la lingua leggermente fuori o appoggiata morbida ai denti anteriori.

Non è solo un gesto casuale: ha effetti reali sul nostro corpo e sulla nostra mente.

Cosa succede quando lasciamo la lingua morbida?

  • Rilassiamo la mandibola e i muscoli del viso.
    Molti di noi tengono la mandibola serrata senza accorgersene, specialmente nei momenti di tensione o stress. Lasciare la lingua morbida interrompe questo meccanismo.

  • Rallentiamo il sistema nervoso.
    Il rilassamento della bocca comunica al cervello un segnale di “sicurezza” e aiuta ad abbassare il tono di allerta.

  • Diventiamo più consapevoli del corpo.
    Appena ci accorgiamo della posizione della lingua, portiamo l’attenzione al momento presente. È come un piccolo ancoraggio al qui e ora.


 

Mini-esercizio (da provare ora!)

1️⃣ Chiudi gli occhi, fai un respiro profondo.
2️⃣ Lascia la lingua morbida, appena appoggiata ai denti o al palato, senza spingerla.
3️⃣ Nota come cambia la tensione nel viso, nella gola e nelle spalle.
4️⃣ Continua a respirare lento, osservando le sensazioni per un minuto.

Vedrai: in pochi istanti sentirai una differenza sottile ma potente.
Proprio come il gatto, che nel suo blep ci mostra un piccolo segreto di abbandono e rilassamento.

Conclusione
Il blep del gatto non è solo un gesto tenero: è un segnale che ci invita a osservare meglio lui e anche noi stessi. Riconoscere quando è un momento di relax e quando invece nasconde un disagio può fare la differenza nel garantire il suo benessere.

E chissà, magari può diventare anche per noi un piccolo promemoria: lascia andare, ammorbidisci, respira.

Ti interessa scoprire di più la Psicoetologia?